Quando ho compiuto 30 anni, ricordo d’aver fatto questa riflessione: “Ho 30 anni, mi sono sempre divertita, ho una casa arredata come voglio io, una famiglia che, per fortuna, è tutta in buona salute, una macchina mia, un compagno con cui ho un rapporto di complicità invidiabile, un lavoro che mi piace, di responsabilità e ben retribuito. Che cosa voglio di più?”.
A 31 anni non avevo più niente di queste cose; il Signore ci ha messo sette giorni per creare il mondo, ma pochi attimi per cambiarmi la vita.
Il … (data) è stato l’ultimo giorno di luce per me, poi … il buio.
Ho perso tutto quella sera, mi è rimasto solo il mio compagno o forse l’ho già perso, non lo so!
Mi sono aggrappata a questa vita con tutte le forze che avevo, perché con i suoi vizi e con gli errori suoi, era comunque la mia vita e la rivolevo indietro.
C’è stato un periodo in cui pensavo di esserci riuscita, di averla ripresa in mano, ma è stata solo un’illusione.
In passato, ho sempre amato essere vincente in tutte le cose, ma non so se vincerò anche questa partita. E’ troppo difficile!
So solo che, tra momenti alti e momenti bassi, ci ho provato. E’ una magra consolazione, ma è l’unica cosa sicura che mi resta.
Del resto un uccello che inizia a parlare, smette di volare, perché le parole pesano troppo; ed io, di parole che mi hanno fatto male, ne ho sentite fin troppe e le ali mi si sono spezzate.
I primi anni dall’incidente, tanti problemi procurati dalla famiglia, mi hanno creato il deserto intorno; poi il mio compagno che non ha retto la situazione.
Ma la verità è che così non mi sopporto più!
Quando tutto sarà finito, me ne andrò dalla mia città senza mai voltarmi indietro... me ne andrò da li, lasciando un pezzo di cuore, ma anche tanti brutti ricordi.
Alla tv ho visto una clinica chiamata “La clinica dei risvegli” che ospita persone che si devono risvegliare dal coma e dove vige una tranquillità e una serenità divina: quella che non ho avuto io.
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