Prima dell’incidente vivevo di espedienti: bei vestiti, soldi, le ferie solo in
posti esclusivi,
un buon lavoro, cocaina, tranquillanti, discoteche a cui ricorrevo per
affrontare l’insicurezza
in cui vivevo, ma erano solo valvole di sfogo per coprire il vuoto che sentivo
nella mia vita:
il figlio che ho tanto desiderato, ma che mi avevano sconsigliato di avere per
non rischiare
di aggravare la malattia che mi avevano diagnosticato e che avevo paura di avere
considerando i cattivi rapporti che esistevano tra la mia famiglia e il mio
compagno.
Così ho iniziato a vivere lontano da me stessa, a trascurarmi e non riuscivo a levarmi
l’inverno che sentivo dentro di me.
Se avessi avuto un figlio maschio, l’avrei chiamato Andrea, in memoria di un caro amico
mancato nel ….., se fosse nata una bimba l’avrei chiamata Vittoria, perché sarebbe stata
la mia vittoria, la mia gioia personale.
Dicevo a tutti che non desideravo un figlio:
non era vero, era solo un altro escamotage
per coprire il nulla che sentivo dentro di me!
Ora che cosa mi ritrovo a 35 anni: nulla di tutto questo.
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